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Politica

“Meno ne partono e meno ne muoiono”? Numeri e fatti sugli arrivi dei migranti in Italia

L’arresto della comandante della Sea Watch, Carola Rackete, a seguito della violazione del decreto Salvini, ha posto nuovamente con forza la questione delle migrazioni in Italia.

Fra gli argomenti preferiti dal Ministro dell’Interno e dal governo per giustificare la chiusura dei porti italiani vi è quello secondo cui “meno ne partono” dalle coste africane e “meno ne muoiono”. La politica restrittiva del governo Conte avrebbe, secondo i suoi fautori, contribuito a diminuire drasticamente il numero di migranti morti in mare. Ma è proprio così?

Stando al rapporto dell’Unhcr, aggiornato a maggio 2019, nei primi quattro mesi di ogni anno, osserviamo che i morti e dispersi nel Mediterraneo centrale sono stati 1,936 nel 2015, 966 nel 2016, 1.021 nel 2017, 379 nel 2018 e infine 255 in 2019. Il numero di morti e dispersi sta quindi diminuendo in senso assoluto. Se però – come fa un rapporto di Medici per i diritti umani del 24 maggio 2019 mettiamo in relazione i numeri sui morti e dispersi con quelli riferiti ai migranti che effettivamente riescono ad approdare sulle coste italiane (negli stessi 4 mesi di ogni anno) – con un calo drastico da 37.235 arrivi nel 2017 ai 779 del 2019 – notiamo subito come il rapporto sia tragicamente schizzato dal 3 per cento del 2017 al 32 per cento 2019. Con il governo giallo-verde e la politica dei “porti chiusi”, il tasso di mortalità è quindi tragicamente aumentato.

Impedire ai migranti di imbarcarsi per il Mediterraneo centrale significa salvare loro la vita, come sembrerebbe far intendere Matteo Salvini? Stime riferite al gennaio 2017 vedono una presenza di migranti in Libia nel 2018 compresa fra 700 mila e un milione. Le condizioni di detenzione e la sistematica violazione dei diritti umani sono state ricostruite, oltre che dalla ricerca di Oxfam già citata, dal rapporto del 20 dicembre 2018 dell’alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani e della missione Onu in Libia. Il rapporto mette nero su Bianco quanto «nonostante le prove schiaccianti di violazioni dei diritti umani e abusi”, le “autorità libiche abbiano mostrato sino ad ora di non aver saputo o voluto porre fine a tali violazioni e abusi ai danni dei migranti e rifugiati» (p. 4). 

(da: pixabay.com)

 Come denuncial’organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom) in un rapporto pubblicato il 23 febbraio 2018, sono migliaia i migranti che rimangono vittime delle traversate desertiche dalle regioni sub-sahariane e dal corno d’Africa (ex colonie italiane) alle coste nord-africane. Morti e dispersi il cui esatto conteggio è particolarmente complesso, ma la cui stima – da parte del consiglio danese dei rifugiati (Drc) – è di 2.522 per il 2017, con la Libia e il Sudan indicati come i due Paesi con più casi di decessi (rispettivamente il 42 e il 40 per cento) ( Fatal Journey 3, 2017: 28-29). 

Ma il governo si impegna davvero ad “aiutarli a casa loro”? Come ha mostrato un recente rapporto di Openplois e Oxfam (11 gennaio 2019), con l’ultima legge di bilancio proprio il governo Conte ha invertito decisamente un trend virtuoso negli stanziamenti a favore della cooperazione internazionale, destinati quindi anche a progetti di sviluppo per gli Stati africani da cui scappano i migranti. Le tabelle del MEF prevedono, infatti, una riduzione del fondo per la cooperazione allo sviluppo da 5.077 milioni di euro nel 2019 a 4.702 milioni nel 2021. Una simile contrazione delle risorse porterà a un calo del rapporto fra aiuti pubblico allo sviluppo (aps) e reddito nazionale lordo (rnl) allo 0,26 per cento contro lo 0,30 che l’Italia si era impegnata a raggiungere in questa data, e che già era stato ottenuto nel 2017. Secondo le proiezioni del rapporto, questo si tradurrà in un taglio di quasi 730 milioni nel 2019; di 1,7 miliardi nel 2020 e di 2,4 miliardi nel 2021.

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