Musica

Siamo ciò che ascoltiamo! Origine del pregiudizio nell’ascolto musicale

Quando ascoltiamo un brano, la parte più sensibile di noi predispone l’intero sistema di connessione sensoriale, con lo scopo di preparare il corpo, la mente e il cuore a vivere pienamente tutte le vibrazioni della dimensione sonora

Quando ascoltiamo un brano, la parte più sensibile di noi predispone l’intero sistema di connessione sensoriale, con lo scopo di preparare il corpo, la mente e il cuore a vivere pienamente tutte le vibrazioni della dimensione sonora.Good Vibrations! Così intonava il celebre brano omonimo dei Beach Boys del 1966, mentre le onde quadre del Theremin, risuonavano uno dei riff più celebri della storia del rock. Ma siamo sicuri di saper associare le funzioni dell’ascolto alla reale percezione di chi e cosa sta suonando davanti a noi? Per “davanti” s’intende anche l’ascolto remoto dalla radio o la Tv. Nel 2007 divenne virale una notizia tanto comune, quanto singolare. Un violinista si trovava nella metropolitana di Washington a tentare d’intrattenere i passanti, con il suo strumento, in cambio di qualche spicciolo. Fu ovviamente ignorato dalla maggior parte delle persone, a eccezione di un bambino, fermatosi ad ascoltare quelle splendide sonate.

Il musicista non si rivelò, ma giorni dopo sul web si diffuse la notizia di chi fosse il violinista misterioso della metropolitana.Si trattava di Joshua Bell, violinista di fama internazionale e il violino con il quale si stava esibendo, era il suo Stradivari del 1713, denominato “Gibson ex Huberman”.È molto probabile che gran parte della cultura di massa abbia, tutt’oggi, poca consapevolezza di chi sia Joshua Bell, ma mai quanto la maggioranza degli astanti della metropolitana, troppo presi dalle tensioni quotidiane, per accorgersi di aver ascoltato un ex bambino prodigio che esordì come solista della Philadelphia Orchestra, quando aveva solo quattordici anni. Se il maestro Bell si fosse presentato in frac, probabilmente la soglia d’attenzione si sarebbe alzata un po’ di più, ma la predisposizione all’ascolto sarebbe stata la medesima. Questa vicenda dimostra come la nostra attenzione sia tenuta sempre troppo a freno, rispetto alle potenzialità, ma anche come le attese e i relativi pre-giudizi riescano a influenzare la percezione e il comportamento sociale relativo all’ascolto musicale. La propria opinione rispetto all’esecutore di un brano musicale influenza il gradimento del brano stesso; quest’aspetto è stato riportato anche in uno studio pubblicato su “Scientific Reports”.Un modo per identificare il ruolo della musica nella società contemporanea? L’ipotesi è anche probabile, in tempi di globalizzazione progressiva e individualismo etico. Eppure mai come oggi, la musica appare seriamente smarrita; come se avesse perso le sue fondamentali funzioni di espressione, ingegno, argento vivo di una sinergia collettiva, che fa dell’identità culturale, il vero collante comunitario di una società e spesso anche di una nazione. Allora tanto vale analizzare il metalinguaggio musicale, non solo dal punto di vista filosofico, esoterico, letterario e sociale, ma anche scientifico. Forse un plusvalore teoretico, ma sicuramente un elemento in più per analizzare le cause della perdita, da parte della musica, della propria sostanza vitale; strumento voce fuori per affrontare i paradigmi dell’egemonia culturale e le contraddizioni della società dei mercati, ai quali la stessa è stata costantemente assoggettata. Anche in questo caso è possibile parlare connessione sensoriale; ovvero delle reti neurali che modificano la percezione di ognuno di noi, durante l’ascolto di un determinato brano o del musicista che lo esegue. Anche in questo caso è possibile parlare di aspettative capaci di modellare la percezione, e addirittura influenzare il funzionamento del cervello. A dimostrazione di tale teoria, un team di ricercatori dell’Università dell’Arkansas, dell’Arizona State University e dell’Università del Connecticut, ha avviato una lunga fase di sperimentazione su come sia proprio il pregiudizio (nel senso complessivo e sociologico del termine) a influenzare l’ascolto e la percezione musicale. I ricercatori hanno coinvolto venti soggetti volontari senza alcuna formazione musicale, sottoponendoli  a risonanza magnetica funzionale, mentre erano all’ascolto di otto coppie di brani musicali per la durata di 70 secondi. Con questo sistema sarebbe stato possibile evidenziale le diverse aree del cervello attive. Le aree d’interesse, in questo caso, erano la corteccia uditiva e le regioni cerebrali legate ai processi di piacere e ricompensa, e quelle legate al controllo cognitivo. Prima della somministrazione del test, è stato spiegato ai volontari che uno dei due esecutori sarebbe stato uno studente di piano del conservatorio mentre l’altro un pianista di fama internazionale.

Per rendere la ricerca attendibile ai massimi livelli, le attribuzioni esecutive venivano scambiate, al fine di valutare prima l’effetto dell’informazione principale, rispetto alla performance effettiva.

Al termine dell’ascolto i soggetti dovevano stilare una classifica secondo il gradimento del brano su una scala da 1 a 10,  indicando ovviamente le preferenze rispetto all’esecuzione. Attraverso questo sistema di combinazione simmetrica, i ricercatori hanno potuto confrontare le scansioni cerebrali di chi preferiva i brani eseguiti dal pianista professionista con quelle dei soggetti che preferivano l’esecuzione dello studente di conservatorio, rilevando un considerevole aumento dell’attività della corteccia uditiva e delle aree legate al piacere, da parte dei primi. In particolare si evidenziava come l’attività cognitiva fosse iniziata, una volta che i soggetti erano stati informati che si trattava del professionista: in questo caso l’ascolto musicale veniva influenzato dal pregiudizio. Diverso il riscontro per i soggetti che avevano preferito la performance dello studente. In questo caso le scansioni hanno registrato un’elevata reazione della regione legata al controllo cognitivo e al pensiero decisionale. I dati raccolti dalla ricerca hanno dunque dimostrato come, alcuni fattori, esterni alla nomenclatura e al linguaggio musicale, potevano influenzare il modo stesso in cui le persone ascoltano la musica.

Questi dai potranno essere agnostici a una larga porzione di società, ma sono importanti per determinare come sia indentificato il ruolo della musica nel mondo contemporaneo; la progressiva disfatta dei supporti digitali, lo streaming digitale e la costante genuflessione a un sistema di “educazione al gusto” priva di pathos, tensione melodica, alternanza delle dinamiche, l’edulcorata banalità strutturata e votata alla distruzione di qualsiasi forma d’orecchio sensibile, possano trovare un terreno fertile di ragionamento rinnovato sulla concezione del suono e sulla natura, più sociale che fisica, con cui le prossime generazioni ascolteranno un disco o assisteranno a un concerto.

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