Il giorno del 25 maggio è già entrato tra le date storiche che prossimamente si studieranno nei testi scolastici, perché? Per la morte di un afroamericano di nome George Perry Floyd (46), avvenuta per mano delle forze dell’ordine della città di Minneapolis nello Stato del Minnesota. Floyd non è stato vittima dei suoi sbagli, non è morto mentre un agente cercava di difendere la propria vita: il suo decesso è opera di radicate culture razziali in cui l’uomo bianco ha la predominanza sulla specie umana. Il giorno stesso della vicenda erano stati pubblicati sui Social Networks diversi video in cui si vedeva l’abuso di potere da parte dell’agente Derek Chauvin, che per bloccare Floyd gli si piazza con un ginocchio al collo, immobilizzandolo al suolo. Non è servito a nulla alla vittima dire che non riusciva a respirare, per 8 minuti e 46 secondi quel ginocchio non si è mai spostato, portandolo alla morte di fronte all’indifferenza di tutti e quattro gli agenti presenti- Chauvin e altri tre.
Dopo le prime condivisioni, cominciano le prime manifestazioni a favore dell’integrazione razziale e contrarie agli abusi di potere di cui è quotidianamente spettatrice la popolazione americana nei confronti degli afroamericani. Già dalla prima protesta pubblica e pacifica, a Minneapolis, si è passati in un attimo a fare i conti con una violenta rivolta che ha mobilitato le forze dell’ordine e costretto alcuni residenti a lasciare la città e le proprie abitazioni. In pochi giorni le rivolte hanno preso d’assalto New York, Los Angeles, Atlanta, San Jose, Portland insieme ad altre ed è stata richiesta la mobilitazione della Guardia nazionale. Le forze militari americane si proclamano contro le manovre messe in atto da Trump per sedare le manifestazioni, ora il presidente degli Stati Uniti si trova barricato dentro la Casa Bianca.
Ma cos’è che sta facendo muovere milioni di persone in tutto il mondo, trasgredendo così i vari divieti di assembramenti imposti dal Covid-19, causando morti, arresti e disordini? Non è una novità per gli americani vedere ingiustizie fatte a cittadini neri solo per il colore della loro pelle, né per i neri di tutti il mondo essere vittime di discriminazioni razziali fin dalla giovane età. Ma in un’aria di profondo cambiamento e tensione sociale come quella portata a seguito del lockdown per il Coronavirus è più facile per tutti immedesimarsi in scenari di privazione della propria libertà, cosa per molti impensabile prima della pandemia. È così che tutto il mondo si è unito per rivendicare il diritto alla libertà e all’uguaglianza di chi è stato sempre emarginato e si unisce ora con un unico obiettivo comune all’urlo di “No justice, no peace”, nessuna giustizia, nessuna pace. Una giustizia ora indispensabile più che mai, ora che chiunque ha potuto vedere con i propri occhi come un essere umano uguale agli altri è diventato un oggetto privo del diritto alla vita per mano di un gruppo di uomini che più che vederlo inferiore, si sentivano superiori per il colore della propria pelle. E per quanto sia un’amara rivincita per i neri deportati nel XVI secolo e venduti a poco più di 1.000 dollari, vedere ora un uomo bianco, che per riavere la propria libertà, dopo aver tolto la vita a un loro fratello, dovrà sborsare oltre 1 milione di dollari è sicuramente il primo piccolo passo verso la giustizia.
Ma qual’è il prezzo della giustizia? Dalla tratta degli schiavi che ha visto milioni di uomini perdere la propria famiglia e la propria identità, i Black Codes che assoggettarono i neri d’america a salari bassi e a vite basate sulla disuguaglianza, il Ku Klux Klan fino ad arrivare ai giorni d’oggi dove un ampio numero di poliziotti bianchi è stato assolto dopo aver ucciso cittadini afroamericani. Per tutto questo e perché nessuno può più essere indifferente finché non ci sarà giustizia, non si avrà la pace.