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Cronaca

INCENDI E DEVASTAZIONI CRIMINALI

Qualche anno fa Roberto Pennisi, magistrato della direzione antimafia aveva spiegato che l’autocombustione non esiste, almeno per gli incendi di grandi dimensioni quali quelli che stanno devastando in questo periodo in sud Italia e vaste zone d’Europa, così come è assurdo sostenere che sarebbe il riscaldamento climatico a scatenare la furia degli incendi.

Solo quest’anno nel nostro Paese sono stati bruciati 103.000 ettari di verde e siamo solo a metà agosto.

Secondo il magistrato dietro gli incendi in Italia ci sono sempre interessi criminali, piccoli e grandi,che talvolta si intrecciano, talaltra coprono reati di diversa natura, soprattutto nel settore dei rifiuti: in fondo,se tutto brucia spariscono anche montagne di materiali nocivi.

Ma Pennisi non è il solo ad avanzare tale ipotesi: già nel 2001 il Sisde insisteva sulla presenza delle mafie nelle ricostruzioni post incendio in ogni angolo del nostro Paese.

Incendi e business

Nel 2017 i dati governativi hanno evidenziato che il 54% dei focolai appiccati in tutta Italia si sono verificati in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia.

Non possiamo inoltre tralasciare il business dei rimboschimenti, dove i forestali assunti pare che possano costituire addirittura un bacino di voti e le mafie avrebbero l’opportunità di fare da coordinamento con chi organizza le operazioni di appiccamento.

In molti casi sono proprio i forestali stagionali, coloro che dovrebbero proteggere i boschi, ad accendere i roghi per poter lavorare e far ricevere contributi al settore, muovendo così un indotto importante.

I costi del rimboschimento

Soltanto in Sicilia è stato calcolato che la spesa per il rimboschimento si attesti sui 400 milioni di euro all’anno.

In Campania nel 2017 sono stati spesi 50 milioni di euro. Il costo del rimboschimento si aggira tra i 2000 ed i 5000 euro ad ettaro.

I numeri peraltro sono impietosi: i forestali stagionali in Italia sono costituiti da circa 70.000 unità, più di 20.000 sono occupati in Sicilia.

Un numero enorme, se pensiamo che gli addetti siciliani coprono l’intera Norvegia, dove a proteggere il territorio boschivo ci sono 20.000 persone, per una superficie di 385.207 chilometri quadrati, di cui il 40% coperto da foreste. I nostri 70.000 addetti proteggono, invece, da decenni, 301.340chilometri quadrati di territorio, all’interno del quale il 35% risulta superficie boschiva, quindi un’estensione di gran lunga inferiore alla Norvegia.

L’allarme di Legambiente

La stima del responsabile di Legambiente, Antonino Morabito, pubblicata da La Presse è che per il 2021 ci siano stati tra i 20 ed i 24 milioni di animali selvatici morti.

Un vero ecocidio tra mammiferi, rettili ed uccelli uccisi.

Per Legambiente nel 2020 il territorio nazionale bruciato è cresciuto del 18,3%, con un incremento dell’8,1% di reati accertati tra incendi dolosi e colposi rispetto al 2019 che si concentrano sempre nelle solite Regioni: Sicilia, Calabria, Campania e Puglia e, sebbene in misura inferiore, in Sardegna ed Abruzzo.

Solo lo spegnimento degli incendi costa all’Italia mezzo miliardo di euro l’anno.

In apparenza si distrugge un territorio senza produrre nulla, ma non possiamo trascurare il fatto che con l’intervento riparatore dello Stato, si alimenta l’economia dell’aiuto che muove ecologia, edilizia e gestione dei rifiuti.

Forse, con tanti addetti ai lavori impiegati, per evitare ogni anno un ecocidio, basterebbe istituire un catasto degli incendi ed un governo dei processi coordinato tra Stato centrale e Regioni, integrando i meccanismi di controllo, aumentando la repressione ma anche le misure di intervento che ragionino sui ripristini, inserendoli in piani regolatori, lontano, quindi dalle politiche emergenziali che ogni anno vengono ripetutamente applicate.

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