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I MATRIMONI E UN NEGATO BISOGNO DI SOGNARE

26 aprile, una data di speranza e riaperture, forse un piccolo ritorno alla normalità. Il decreto è uscito, come la solita spada di Damocle, controlla, a volte giustamente a volte no, la nostra vita, per cacciare via il virus, il prima possibile, dal nostro mondo.

Ci sono indicazioni sui nostri spostamenti, sui luoghi che possiamo frequentare e quando li possiamo frequentare, si parla di legittime riaperture di luoghi destinati ad un pubblico più o meno ampio, di convegni, concerti, fieri, parchi tematici, teatri e cinema.

C’è una frase per tutto, piccoli spiragli per categorie martoriate ma…un attimo… e i matrimoni? Che fine hanno fatto i ricevimenti in generale? No, non ci sposa più, l’amore non ha bisogno di suggelli, di consacrazioni, di passi avanti, la salute d’altronde viene sempre prima di tutto e di tutti.
Sia inteso, qui nessuno vuole dire che è finito il tempo delle limitazioni, che il Covid sia lontano da noi, la ricerca della normalità richiede necessariamente dei sacrifici per salvare vite umane ma non dobbiamo mai dimenticarci che le nostre esigenze sono da sempre imperniate sulle emozioni.

Per questo la totale stasi di questo Governo in merito all’argomento matrimoni e ricevimenti in generale appare una nota più che stonata, specie se si pensa che le nostre istituzioni sono state più che solerti, in questa fase di emergenza, nel disciplinare ogni aspetto della vita umana. Dietro a tutto ciò non c’è solo un business enorme di addetti ai lavori (catering, fotografi, location, ristoranti, scenografi, fiorai, musicisti ecc.) ma anche un incredibile agglomerato di sensazioni e di saliscendi emotivi. Si passa dall’eccitazione della proposta all’organizzazione meticolosa per rendere il matrimonio un giorno perfetto, da grande impegno e rispetto delle scadenze a nervi saldi ed entusiasmo sempre crescente.

E perché poi non parlare delle somme anticipate, dei sacrifici di coppia ma anche di un settore che dà da mangiare costantemente a migliaia di persone? Il matrimonio, almeno sulla carta, deve essere il giorno migliore della propria vita e uno Stato che si rispetti deve provare a fare in modo che sia così, sempre entro i limiti imposti da una pandemia in atto e dal diritto alla salute.

(da: pixabay.com)

Tutti meritano almeno una risposta, per mettersi l’anima in pace o per continuare a sperare, per non perdere soldi ma forse anche per non perdere tempo. Si pensa a riaprire i ristoranti ma non si pensa ugualmente ai catering, la chiesa sì, ma il ricevimento no, però magari un concerto e un convegno dove presenzieranno più persone ha il via libera.

C’è confusione, incoerenza, ma anche un’assenza di presa e posizione. Molte coppie gradirebbero una risposta, anche netta e dolorosa. “No, non si fanno ricevimenti per quest’estate”, oppure “Sì, si fanno, ma a queste condizioni”. Vorrebbero anche equità e uniformità, perché se dovessero mai uscire delle linee guida per i matrimoni (come si ventila da giorni), chi lo spiega ad una coppia che si sposa di pomeriggio che di sera deve smontare baracche e burattini entro le 22, mentre più fortunati “colleghi di avventura”, festeggiando a pranzo, possono giustamente prendersela comoda?

La salute dei cittadini è la priorità ma non si può scherzare nemmeno con i sogni, le aspirazioni e le speranze, non basta la repressione fine a se stessa per contrastare un virus perché in questo modo usciremo dal Covid ma lo faremo pagando una spesa enorme: la nostra assoluta mancanza di libertà. Non dimentichiamo che questo periodo ci sta uccidendo anche dal punto di vista psicologico, abbiamo ancora bisogno di sognare, tutti.

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