Tutti pazzi per la telemedicina, l’evoluzione digitale della medicina tradizionale, un concetto relativamente moderno che non vuole sostituirsi (e non potrebbe) a millenni di studi consolidati ma che può aiutare, attraverso un insieme di strumenti e processi innovativi, la comunicazione a distanza tra medico e paziente.
Non si parla solo di diagnosi, terapia e controlli a distanza ma anche di erogazione di servizi sanitari per rendere il sistema finalmente più efficiente e dinamico nonché più vicino alle persone e alle loro esigenze.
Ma andiamo sul concreto enunciando alcuni dei suoi benefici:
Facilitazione della comunicazione e del rapporto tra medico e paziente e tra medici stessi;
Abbattimento barriere geografiche, perché essa arriva davvero ovunque;
Attenuazione delle lunghe liste di attesa;
Riduzione delle degenze ospedaliere;
Riduzione del costo della cura del paziente;
Qualità del servizio per una maggiore dedizione al singolo paziente;
Velocizzazione delle procedure burocratiche e amministrative;
Semplificazione della trasmissione e della circolazione di dati, immagini, esami e informazioni;
Riduzione stress e disagi nel raggiungere strutture spesso fatiscenti e sovraffollate (specie in periodi di pandemia).
Ma non è tutto perché essa viene incontro all’esigenza di seguire in modo capillare tutti quei pazienti colpiti da patologie croniche e di intervenire in tempo nelle diagnosi precoci attraverso un monitoraggio diffuso.
Ma è tutto oro ciò che luccica? E allora perché l’Italia è così indietro rispetto ad altri paesi europei quando il PNRR spinge per una telemedicina sempre più diffusa e di qualità?
Innanzitutto perché è necessario aiutare il paziente che vuole servirsi di tale opportunità, magari attraverso la predisposizione di apposite linee guida che esplichino l’utilizzo di tecnologie avanzate (si pensi ad un dispositivo di monitoraggio di alcuni parametri da indossare) o basiche quali un telefonino attraverso cui si inquadra una parte del corpo.
Poi perché, per l’appunto, bisogna investire in strumenti e tecnologie (si pensi al nuovo concetto di “Internet delle cose”) e anche formazione, al fine di creare una rete ospedale-medici-territorio. D’altronde con un sistema sanitario al collasso non sembrano esserci alternative, dunque ben vengano i nuovi professionisti da formare e una generale riallocazione delle risorse privilegiando la teleassistenza e la telemedicina, ne guadagneranno sensibilmente anche le casse pubbliche e private, con un risparmio stimato davvero notevole.
Lo sforzo richiestoci non è grande se si pensa che siamo tutti i giorni alle prese con dispositivi medici portali sempre più sensibili quali termometri digitali, misuratori della pressione, sistemi di monitoraggio della glicemia, misuratori dell’ossigeno nel sangue e sistemi di monitoraggio della frequenza cardiaca.
Inoltre, se è vero che il medico può consultare con più facilità un fascicolo elettronico con la storia del paziente, bisogna al contempo tutelare la privacy e la sicurezza del paziente, nonché la qualità, la funzionalità e la certificazione delle applicazioni, magari attraverso la predisposizione di appositi protocolli.
Tutti pazzi per la telemedicina dunque, anche a livello internazionale, in quanto essa viene considerata “la migliore soluzione possibile per fronteggiare le esigenze dell’assistenza sanitaria in termini di efficienza, di attenzione alla persona e di contenimento della spesa” (Risoluzione del Parlamento europeo 2006/2275 del 23 maggio 2007 e Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo 2008/689).