L’estrema destra europea avanza nei sondaggi in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo dal 23 al 26 maggio, facendosi strada fra la crisi dei grandi partiti dell’establishment e la debolezza delle possibili alternative a sinistra. È questo il trend tracciato dalle proiezioni elaborate dall’ultima rilevazione realizzata da Kantar Public per il Parlamento europeo sulle intenzioni di voto nei 27 Stati membri, riferiti alla seconda metà di febbraio. Lo scenario si basa su confronto fra l’attuale composizione del Parlamento (alla fine di febbraio) con la nuova distribuzione dei seggi adottata lo scorso giugno 2018 a seguito dell’uscita del Regno Unito, con la riduzione da 751 a 705 rappresentanti eletti.
Sono le forze politiche popolari e socialiste a subire il crollo peggiore, vedendo a rischio la stessa possibilità di confermare l’attuale maggioranza in Parlamento. Secondo questa proiezione, il partito popolare europeo (PPE) vedrebbe una contrazione di -3,3 punti, corrispondenti alla perdita di 36 seggi rispetto alla sua attuale presenza nell’emiciclo di Strasburgo (che passerebbero in questo modo dai 217 seggi attuali a 181), riflesso di una generalizzata caduta di consensi nelle intenzioni di voto particolarmente accentuata in Francia (-9 punti), Italia e Spagna (-4 punti). Numeri che potranno cambiare anche sensibilmente nel giro di poche settimane: in particolare dopo il 21 Marzo, quando a Bruxelles l’assemblea del PPE discuterà la mozione presentata dai popolari di Svezia, Belgio e Lussemburgo per l’espulsione di Viktor Orbán e del suo partito Fidesz. Una convivenza sempre più difficile quella del partito del premier ungherese all’interno della famiglia politica dei popolari, in particolare dopo la recente campagna propagandistica su di un presunto complotto di Bruxelles a favore dell’immigrazione, promossa dallo stesso governo Orbán, in cui il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker (eletto dalle fila dello stesso PPE) viene accostato al finanziere George Soros, quali principali responsabili di un “piano di sostituzione etnica” ai danni del popolo ungherese. Se l’attacco a sfondo razziale è stato condannato dalle diverse forze del PPE, il fronte dei popolari è tutt’altro che compatto in merito alla richiesta di espulsione di Fidesz, con diversi partiti che non hanno alcun interesse a rompere con la destra sovranista in vista di future possibili intese elettorali. Primo fra tutti Forza Italia, che con Berlusconi ha già lanciato un appello per un’inedita alleanza fra popolari con i conservatori e i “sovranisti” in Europa, mettendo fine allo storico asse con i socialisti e democratici. La questione Orbán mette così a nudo lo scontro interno al PPE fra due anime – quella decisa a tagliare ogni ponte con le forze sovraniste in nome dell’europeismo e quella, al contrario, pronta a costruirne di numerosi al punto da riorientare la strategia e identità complessive del partito. Il voto del 21 marzo sulla mozione Fidesz si presenta quindi come un passaggio decisivo non solo per il futuro del PPE, ma per l’intera geografia della politica europea dei prossimi anni.
Ancora più fosca si prospetta la performance dell’alleanza progressista dei socialisti e democratici (S&D), comprendente il Partito socialista europeo unitamente ai partiti di ispirazione progressista, con una riduzione di 5,7 punti rispetto e una perdita di 51 seggi rispetto alla situazione attuale. Un crollo che riflette in particolare i picchi negativi toccati in Italia con il PD (-17 punti) e Germania con la SPD (-9 punti). Dai 186 seggi attuali, il gruppo S&D ne guadagnerebbe così 135. In questo modo popolari e socialdemocratici sarebbero lontani dal conquistare insieme una maggioranza al Parlamento europeo, con 316 seggi in tutto su 705 disponibili. La caduta dei consensi delle principali famiglie politiche del Continente potrebbe di questo passo mettere a repentaglio la tradizionale maggioranza “europeista” all’interno del Parlamento di Strasburgo, aprendo ad una ridefinizione complessiva degli equilibri e alleanze interne all’emiciclo.
Terza illustre vittima della crisi di consenso secondo le proiezioni di Kantar Public è il gruppo dei conservatori e riformisti (ECR), che perderebbero per strada 29 seggi (corrispondenti a 3,5 punti). Mentre tiene le sue posizioni il gruppo EFDD (Europe for Freedom and Direct Democracy), grazie soprattutto a una crescita di 7 punti del Movimento 5 Stelle in Italia, verdi e sinistre europee faticano a recuperare terreno. Se il gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea si mantiene stabile e cresce nei sondaggi rispetto alla proiezione effettuata nel 6 febbraio (+1%), la sinistra unitaria europea/sinistra verde nordica (GUE/NGL) registrerebbe -0,3 punti, con la perdita di 5 seggi e le performance peggiori in Italia (-3 punti) – dove sembra sfumare ogni giorno di più la possibilità di una lista unitaria guidata da De Magistris -, e nella sinistra spagnola (-2), lacerata dalla scissione interna a Podemos fra la maggioranza del partito e la minoranza guidata da Íñigo Errejón in vista delle prossime elezioni locali di Madrid.
In segno opposto, crescono al contrario i consensi e i seggi per liberali del gruppo ALDE (Alliance of Liberals and Democrats for Europe), con 7 seggi in più (+ 1,6 punti). Ma è la destra sovranista ad emergere sulle crescenti macerie di una crisi di consenso da parte dei partiti tradizionali. Secondo la proiezione, il gruppo della Europe of Nations and Freedom (ENF) arriverebbe a conquistare 22 seggi in più rispetto agli attuali (+ 3,4 punti), passando da 37 a 59. Una risalita trainata in particolare proprio dalla Lega di Salvini in Italia (che cresce di 22 punti) e in misura minore dal Rassemblement National di Le Pen in Francia (+ 4 punti). L’ipotesi di una maggioranza fra popolari, conservatori e sovranisti – come quella prospettata da Berlusconi – appare comunque ancora lontana dal materializzarsi con questi numeri: le tre formazioni in tale scenario avrebbero 286 seggi, ben distanti dal raggiungere una maggioranza in Parlamento.
L’Italia appare quindi al momento il centro propulsivo della crescita della destra radicale e del parallelo indebolimento delle forze socialdemocratiche e della sinistra. Secondo queste proiezioni la Lega passerebbe così dai 27 eurodeputati attuali a 28, così come Forza Italia (da 8 a 9 seggi), mentre il Movimento 5 stelle ne perderebbe all’opposto uno, passando da 22 a 21, parallelamente al PD (da 15 a 14 seggi).