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Lab giornalismo

SILENZI E CONFESSIONI

Seduta al tavolo della cucina aspettavo il suo ritorno a casa. L’ansia mi attanagliava rendendomi irritabile.
di Ilaria P. – St.ssa Liceo Classico

Seduta al tavolo della cucina aspettavo il suo ritorno a casa. L’ansia mi attanagliava rendendomi irritabile.
I miei pensieri correvano liberi scontrandosi gli uni contro gli altri, creando nuovi problemi e dubbi. Rigirai una ciocca di capelli tra le dita ripetendomi il discorso che avevo preparato: “Sono quasi sei mesi che ci conosciamo, ormai, e sono pronta a dire che amo tutto di te. La tua risata, i nostri litigi per le piccole sciocchezze e la tua passione in ogni cosa che fai.

Proprio per questo ho deciso di spiegarti l’unico motivo per cui ti respingo fisicamente. Ti conosco bene e so che mi desideri, ma col senno di poi capirai che è stato meglio per noi fermarci.
Mi immaginai lo sguardo spaventato che avrebbe assunto il suo volto, i suoi occhi avrebbero cercato invano qualche indizio sul mio viso e le sue mani si sarebbero strette intorno al nulla.
“Non voglio tenerti sulle spine, ma ricordati che ho taciuto tutto per un unico motivo: la paura del giudizio.
Conosci la mia storia: tutti i miei problemi sono nati da ciò che ti sto per dire.”

Ecco, forse qui avrei fatto meglio ad inserire una pausa per poter osservare la reazione del mio compagno. Come avrebbe reagito?
La sua espressione agitata sarebbe stata l’ultima cosa che avrei visto di lui?
Sarebbe fuggito come tutte le persone più importanti della mia vita?
“Ho l’HIV.”
Ecco, da queste due parole sarebbe dipesa tutta la relazione.
Tutto il mio futuro legato ad un minuscolo virus.

Mi presi il volto tra le mani, cercando di trattenere le lacrime.
Avrei voluto porre fine a tutto, non averlo mai incontrato per non dover soffrire. Tutto sarebbe andato per il meglio se avessi mantenuto la promessa che anni prima avevo stabilito: non avrei mai più coinvolto qualcuno nella mia vita amorosa.
Avrei vissuto come un eremita, fuori da ogni relazione.
“Per favore, lasciami spiegare tutto. La malattia mi è stata trasmessa alla nascita e, essendomi stata diagnosticata fin dalla più tenera età, sono sotto una terapia combinata da numerosi anni.”

Mi annotai mentalmente di inserire una piccola, falsa, nervosa risata per sciogliere la tensione.
“Per quanto io desideri essere una persona sana e libera da questo fardello, non esiste cura che riesca ad alienarmi dalla patologia.
Il mio sistema immunitario è compromesso e, sebbene io continui a prendere medicine necessarie per la mia sopravvivenza, non posso essere considerata del tutto una persona sana.
Non mi interessa se soffro di non poter avere una relazione degna di questo nome, amo la tua persona, il tuo spirito e non vorrei mai vederti ridotto come me.
Io ho perso ogni speranza, ma tu possiedi anche le mie.
Questo è il motivo per cui ti ho evitato, ma anche il motivo per cui ho deciso di parlartene.
Se solo sapessi quanto ti amo, se potessi sentire la velocità del mio cuore quando tu sei al mio fianco.
Se solo conoscessi il dolore che maschero dietro al sorriso quotidiano, la battaglia giornaliera contro la voce nella testa che mi suggerisce di sospendere la cura.
Le parole che mi invitano incessantemente a smettere di vivere e di essere un peso per gli altri.
Non voglio che tu divenga il mostro pieno di rabbia e tristezza che sono diventata io”.

Il groppo in gola iniziava a crescere sempre di più, ma non dovevo piangere: non potevo far vincere la voce della mia tristezza.
Il futuro mi sembrò nebuloso e indistinto, l’unica costante erano i medicinali.
Non mi avrebbero mai abbandonata.
Scossi la testa e decisi di continuare il discorso mentale per non trovarmi impreparata a balbettare tra le lacrime, cosa che sarebbe comunque avvenuta, nonostante le prove.
“Adesso non dire che mi ami comunque e che questo è solo un ostacolo che dobbiamo affrontare insieme.
Sarebbe ironico dirlo.
So quanto desideri avere una famiglia e dei bambini; io ho paura ad essere presente nel tuo futuro. Potrei essere la causa di tutti i nostri mali.
Incredibile quanto un essere minuscolo come un virus possa distruggere una vita, vero?
Se non ti avessi mai incontrato…”

No, non dovevo incolparlo, in fondo come poteva essere colpa sua?
Ogni mia debolezza era trasformata da lui in un valore di cui andare fiera.
Avrebbe fatto la stessa cosa con la malattia? Forse mi avrebbe amata comunque.
Presa da questi illusori pensieri che cercavo di non ascoltare, sentii le chiavi girare nel chiavistello.
Era arrivato a casa.

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