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Cinema

999: il calcio in outside. Intervista al regista Federico Rizzo

Capita di finire in outside. Nel football avviene spesso e, quasi sempre, ad un solo giocatore. Dopo il fischio dell’arbitro, comunque, la partita riprende. Se, però, a finire in fuorigioco si è in tanti, allora significa che si è oltrepassato un confine oltre cui nulla torna più come prima

È “999”, un film sul calcio di Federico Rizzo – che inizierà le riprese ad aprile (probabile uscita 2020) – prodotto da Oblivion Production di Stefania Tschantret e sostegno di Emilia-Romagna Film-Commission, tratto dall’omonimo libro di Paolo Tabloni (Diabasis, 2016).

Il titolo incarna una sottrazione tragica: se è vero che “uno su mille ce la fa”, qui si trovano storie di calciatori che invece non ce l’hanno fatta, cioè della schiacciante maggioranza caduta nell’oblio. A metterla a fuoco Federico Rizzo, classe 1975, regista e sceneggiatore brindisino, vissuto tra Milano, Bologna (laurea al Dams) e Roma.

Il regista e sceneggiatore, Federico Rizzo

I“Quando una certa operazione piace ai giovani, sia essa un film, un libro, un brano musicale, il nostro mestiere assume senso”, afferma, saldo dell’esperienza maturata nel cinema indipendente, con all’attivo 7 lungometraggi a basso costo, 3 film ufficiali, cortometraggi e documentari.

Come stai organizzando lo storyboard di “999”?Premetto che l’ispirazione è tratta dal libro di Paolo Tabloni e che con lui ho scritto la sceneggiatura. Punto ad una docufiction, densa di dialoghi con calciatori “999” e con colleghi più noti che li hanno incrociati. Queste interviste saranno di contrappunto alla fiction, un tappeto ritmico necessario a far aderire lo spettatore al reale.

Rivisitazione della scultura in bronzo “Calciatori” (Ercole Drei, 1929) ai tempi di “999”

Un reale fondato su una somma di sconfitte. È questo che ti ha appassionato?

Mi ha appassionato il libro. Ci ho trovato disincanto, malinconia, crollo delle aspettative di tanti ragazzi, oggi ultratrentenni ed ultraquarantenni, ormai fuori gioco.

Immagini qualche rischio di fronte a tante testimonianze di sogni infranti?

Sì, e per questo cercherò di realizzare un film non edulcorato, un film radicale, senza “lieto fine”, scevro dalla retorica etico buonista. So che è un crinale difficile, in un momento in cui gran parte della produzione cinematografica sembra andare in altro senso.

Cioè?

Vedo tanto “già visto”, scontato. Questo film si rivolge a adolescenti, ventenni, ed anche ai genitori di nuove generazioni. Con loro – e come loro – cerco il “reale”, ma senza dimenticare il “sogno”.

E quanto pensi che interessi il tuo “reale” al suntuoso sistema-calcio di oggi? Più di quanto credi. Appena l’anno scorso, l’esclusione della Nazionale dai Mondiali ha segnato la grave crisi calcistica italiana. Da allora, in tanti hanno iniziato ad interrogarsi su cosa non funzioni nel percorso dei giovani calciatori. Questo ha consolidato un movimento che, a partire dalla formazione nelle scuole, sta puntando alla rifondazione del settore giovanile.

Insomma, sei in controtendenza alla narrazione oggi di moda, tutta “sfide” da vincere…Credo serva parlarne. L’ho fatto anche in un documentario su “Ladri di carrozzelle”, quindi sull’handicap. In “999”, certo, c’è l’agonismo, l’essere competitivo a tutti costi perché subentra il business. Tuttavia, giova rendere allo sport la vocazione della passione, della partecipazione, ed indicare che si può anche non diventare il numero uno.

Bene. Quando inizierai a girare?

A metà aprile, a Bologna, il tempo del casting: attrici ed attori da reclutare entro i confini dell’Emilia-Romagna e, soprattutto, la scelta di un ragazzino come sono stato anch’io.

Perché, anche tu sei un “999”?

Giovanili dell’Inter, messo da parte senza appello perché non considerato competitivo; ma va bene così.

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