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Volontariato

PIÙ EDUCAZIONE CIVICA, PER IL BENE DI TUTTI

Educazione civica, un insegnamento che è stato introdotto come obbligatorio solo recentemente, con la legge n. 92 del 20 agosto. A spizzichi e bocconi veniva proposto anche negli anni 80’, 90’ e successivi, mai con reale convinzione, raramente con un programma ben strutturato.

Eppure basta leggere la definizione fornita dalla nuova legge per capire come possa essere importante, per tutti, perché mira a “Formare cittadini responsabili e attivi promuovendo la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità, nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri”.

Pensate che meraviglia formare i bambini e i ragazzi di oggi e forgiarli sui principi della Costituzione, un testo su cui si fonda la nostra Repubblica, scritto in modo magistrale, purtroppo applicato in modo non altrettanto magistrale. Immaginateli come uomini del domani, a reggere quelle stesse istituzioni incontrate sui libri, ad animare i salotti della cultura, a partecipare alla piena affermazione dei diritti, a sostenere gli obblighi sociali.

Da loro può nascere anche un nuovo movimento del volontariato, più consapevole, più veloce, più incisivo,  ma anche più vicino allo Stato. Ancora oggi, infatti, purtroppo, si registra una distanza quasi incolmabile tra burocrazia e volontà d’animo, tra lungaggini e meccanismi ormai quasi perfetti. L’anello che manca può essere la conoscenza del sistema, la passione per la propria Nazione e per le sue leggi, il rispetto dei princìpi del vivere sociale.

Cittadini nella propria comunità come nella città, nelle Regioni come nella Nazione, cittadini d’Europa in un movimento unico e coerente, il “Movimento del bene”.

Ecco come la scuola diventa finalmente protagonista, dentro la società e non fuori come spesso capita, crea ragazzi perfettamente integrati e non isola e discrimina. Tutti protagonisti, tutti partecipi, tutti importanti per realizzare i medesimi obiettivi comuni.

(da: pixabay.com)

La scuola mano nella mano con le famiglie, le istituzioni e il mondo del volontariato per rendere concreti e ben definiti concetti come il rispetto dell’ambiente, la sicurezza alimentare, il razzismo, il bullismo, il contrasto all’illegalità e molti altri.

Non più solo un sentito dire, un servizio alla televisione, un video su Internet, ma una partecipazione attiva al problema alla ricerca di soluzioni comuni, con i ragazzi sempre protagonisti della scena.
Perché spesso tendiamo a sottovalutare i più giovani, li etichettiamo come pigri, svogliati, non cercano lavoro, si adagiano, sono meno combattivi, con la testa per aria, tesi solo al pericolo, schiavi della tecnologia e via dicendo.

Perché non affrontarli sullo stesso piano? Perché non provare a capire il motivo di questa schiavitù? Perché non analizzare le cause di questo isolamento personale e di questo rifugiarsi nel digitale?

Dobbiamo dunque cambiare approccio, non professori col dito puntato ma professori seduti in mezzo ai ragazzi, a sporcarsi le mani, a vivere in prima persona il problema. Non è uno scontro generazionale che ci consegnerà i ragazzi del domani, ma un confronto deciso, aperto e sincero.

Più educazione civica a scuola e sul campo e meno chiacchiere, per il bene di tutti.

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