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IL SORRISO ANCORA UNA VOLTA DIETRO QUELLA MASCHERINA

Nei reparti pediatrici in ospedale il tempo non passa mai, le domande si affollano nella mente di bambini e ragazzi, insieme nella stessa battaglia anche se con percorsi diversissimi.

Esigenze completamente diverse perché anche pochi anni possono fare la differenza su aspettative, sogni e percezioni. Ci sono i bambini spesso inconsapevoli, li puoi plasmare meglio, puoi indorare la pillola, possono uscirne più facilmente. Poi ci sono i ragazzi, a volta adolescenti, loro capiscono tutto, l’amara verità la ingoiano già dal primo giorno ma questa loro consapevolezza può essere la loro principale alleata.

In ospedale il tempo non passa mai, hai voglia di accendere il televisore, di giocare alla playstation solo o col compagno di stanza, di guardare ancora una volta lo stesso dvd. C’è la scuola la mattina, un modo per rimanere aggrappati alla normalità, sì proprio la scuola, tanto odiata nella vita noiosa routinaria, proprio essa adesso è un diversivo indispensabile, soprattutto per fare gruppo.

In ospedale si percorrono le montagne russe col fisico e con l’umore, a volte hai voglia di parlare e giocare, altre di stare fermo e in silenzio, vivi in una piccola società parallela dove devi adattarti a tempi, usi e costumi.

In ospedale il cuore gioca un ruolo importante, così come la forza di volontà, l’ottimismo, la capacità di reagire. Ci sono schiere di volontari pronti a farti passare qualche oretta in modo spensierato, ogni giorno ne trovi uno nuovo che ti allieta con la sua faccia, le sue storie e il suo modo di essere. A volte ti fanno anche incazzare perché non hai voglia di vivere, figuriamoci di conversare, di dare retta ad uno sconosciuto, vorresti solo morire.

(da: pixabay.com)

In ospedale pediatrico non sei mai in una situazione di normalità ma devi costruire qualcosa che ci si avvicina, per sopravvivere tu e far sopravvivere gli altri, i tuoi genitori sono spesso i più fragili e tu ti senti in colpa per averli coinvolti, loro poi si struggono pensando che sia capitato a te e non a loro.

Lì succede che nei vari reparti medici, infermieri e volontari usino la mascherina sempre e poi la cuffia, i calzari e il camice, lì non c’era prima il Covid ma si sono sempre usate queste accortezze.

Succede che doveva essere un breve periodo, poi questo si è prolungato e sembra non finire più, l’emergenza si è presa anche quel barlume di normalità che tutto il piccolo popolo degli ospedali pediatrici stava provando a costruirsi giorno dopo giorno.

Le pareti sono sempre più bianche, i disegni sono pochi, non c’è più la fantasia a sostenerli, non entrano più i volontari nelle camere, non si fanno più giochi perché bisogna stare a distanza, tutto spaventa, tutto rallenta e ogni minuto è identico a quello successivo.

La pandemia è ancora alla porta ma i piccoli grandi guerrieri hanno bisogno di speranza, i volontari bussano idealmente a quella stessa porta, vorrebbero entrare, essere utili non solo dietro lo schermo di un computer, tornare ad avvolgere idealmente quei cuori con i loro occhi e i loro sorrisi, celati sempre dietro quella stessa mascherina.

Tutti hanno bisogno di una nuova normalità, al più presto e nonostante tutto.

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