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Cultura

GIOVANNI VERGA: CENTO ANNI FA MORIVA IL PADRE DEL VERISMO

Il 27 gennaio l’Italia celebra il verista narratore di una felicità impossibile da raggiungere.

Catania, 27 gennaio 1922. Giovanni Carmelo Verga muore stroncato da un ictus in quella stessa città che lo aveva visto nascere nel 1840. La Sicilia per lui è tutto; culla di un’infanzia serena e di una formazione artistica intensa che lo porterà a essere apprezzato scrittore.

Ma Verga è conosciuto soprattutto come padre del Verismo, corrente letteraria che traduce in italiano i princìpi del naturalismo francese e che l’autore, insieme all’amico Luigi Capuana, diffonde con la sua penna.


Prima del Verismo, però, c’è altro. Giovanni Verga si avvicina alla scrittura fin da giovane; il maestro Abate lo introduce a Dante, Manzoni e Petrarca, instillando un forte senso patriottico.

E a soli 16 anni scrive Amore e Patria, romanzo di ispirazione risorgimentale rimasto inedito.

Nel 1854 il colera obbliga tutta la famiglia a lasciare la città per trasferirsi in campagna. La realtà schietta e cruda che lo circonda lo colpisce profondamente e ispirerà più avanti molti lavori come Cavalleria rusticana (1880). Nel 1861 abbandona gli studi di legge e si dedica definitivamente alla scrittura e al giornalismo politico. È affascinato dalla letteratura francese, in particolare dall’operato di Dumas, e si avvicina in un primo momento alla forma del romanzo storico come I carbonari della montagna (1861) poi a quello di stampo romantico.

Il Verga verista

La Sicilia, però, inizia a stargli stretta. Non ancora trentenne si trasferisce prima a Firenze, allora capitale del Regno, e poi a Milano dove frequenta prestigiosi circoli letterari ed altri autori. Questi sono anni proficui per un Verga che incontra il lavoro di Zola, Maupassant, Balzac e lancia opere come Eva (1873), Eros e Tigre reale (1875).

Nel 1874 esce la famosa novella Nedda, pubblicazione che coincide con la conversione dello scrittore ad una nuova corrente letteraria: nasce ufficialmente il Verga verista.

L’autore propone un nuovo tipo di romanzo che racconta la realtà rurale e lo fa in maniera impersonale. A parlare sono direttamente i personaggi, dalla profonda sfera psicologica, protagonisti di un mondo duro; eterni vinti della lotta quotidiana.

La concezione del Verismo di Verga trova il suo culmine e la sua ufficializzazione nel 1881 con la sua magnum opus I Malavoglia, seguito da un altro grande titolo Mastro-don Gesualdo del 1889.

Nel 1878 esce Rosso Malpelo, forse la novella verista più studiata. Nello stesso anno muore la madre, Verga ritorna a Catania e vive un lungo periodo di depressione che lo blocca. Più avanti torna a scrivere e si avvicina al teatro; ancora oggi sono note le opere La lupa e In portineria (1896).

Il Pensiero verista: tracce di attualità?

La letteratura di Verga, puntuale narratore della realtà, si fonda sulla precisione documentaristica e sul positivismo naturalista che l’autore decide di tradurre in chiave pessimistica. Pessimismo che lo porta, specie negli ultimi anni, ad avvicinarsi sempre più a idee conservatrici.

Per Verga il progresso sociale è la gabbia dell’uomo; a governare è la darwiniana legge del più forte che opprime i più deboli. E i più deboli sono vinti fin da subito perché il progresso – per la penna siciliana – rende ciechi, obbligando alla sempiterna avarizia, alla lotta contro tutti.

L’Italia celebra Verga

Il 2022 si apre all’insegna del ricordo di Verga. Diverse sono le iniziative che stanno prendendo forma per celebrare l’autore a cento anni dalla sua morte. Tra questi si segnala la ‘Manifestazione ufficiale Giovanni Verga 2022’, prodotto da Dreamworld Pictures e Festival Verghiano con la Direzione Artistica del regista Lorenzo Muscoso. La manifestazione offrirà un lungo viaggio all’interno dell’universo verghiano attraverso spettacoli teatrali, rassegne filmiche, musica e diversi incontri culturali che proseguiranno fino al 2023.

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