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Cultura

27 GENNAIO 2023: IL DOVERE DI RICORDARE

Il giorno della memoria è dedicato alle vittime dell’olocausto e rappresenta un’opportunità per riflettere su
un doloroso passato e al tempo stesso per attivarsi affinchè nel presente e nel futuro le cause che
generarono la Shoah non si ripresentino.
di Silvana Fossati

La data ricorda il giorno in cui, nel 1945, fu liberato il campo di sterminio di Auschwitz dall’avanzata dell’Armata Rossa e, su iniziativa dell’ONU è diventata commemorazione mondiale a ricordo dei milioni di morti della Shoah e di coloro che a quella tragedia si opposero.
Nella nostra società post moderna, immersa nel presente e caratterizzata dalla velocità, ricordare e trasmettere la memoria è un impegno complesso: quando ci si trova di fronte al compito di raccontare a giovani e giovanissimi episodi riferiti alla Shoah si avverte sempre più l’esigenza di non essere prigionieri di parole e di modalità di trasmissione che, pur apparendo necessarie, non risultano sufficientemente efficaci in quanto i ragazzi percepiscono questo passato lontano da loro e poco decifrabile.

I testimoni diretti, ormai, sono pochissimi e una parte dell’opinione pubblica considera l’Olocausto come un evento lontano che appartiene alla storia, ha pochi riferimenti all’attualità e ad una prima analisi non getta ombre sul futuro, su cui si ritiene incidano problematiche ben diverse.
Il riconoscimento della memoria e la condanna dei fatti, apparentemente unanimi, risultano insidiati dal male sottile dell’indifferenza e dal risorgere di nuovi venti portatori di odio, intolleranza e discriminazione.
Fra coloro che desiderano custodire questa memoria emerge il dubbio che la questione negli anni non sia stata proposta nella maniera più efficace, stimolando la ricerca di diverse modalità soprattutto per affrontare la tematica nelle scuole e tra i giovani.

Una sfida che è stimolata dal contrasto tra diffusione di attività dedicate alla commemorazione della Shoah in contrasto con l’aumento di fenomeni di razzismo ed intolleranza, talvolta apertamente antisemiti, che si è registrato negli ultimi anni.

Le occasioni dedicate alla memoria sono state comunque molto diversificate, perché si sono sviluppate sia in ambito istituzionale, sia scolastico che nella società civile, oltre a quelle affidate all’arte, in particolare quella cinematografica. Nonostante tale impegno i risultati non sono del tutto incoraggianti in quanto assistiamo allo sviluppo di movimenti razzisti e ultranazionalisti che potrebbero essere una conseguenza dei mutamenti collegati alla globalizzazione, oltre ad atteggiamenti discriminatori dai quali emerge l’ostilità nei confronti di chi è diverso che sovente sconfina nell’odio e nella violenza.

Uno degli aspetti da percorrere in maniera diversa è la dicotomia tra Memoria e Storia, perché paradossalmente i giovani possono avere l’impressione che la memoria sia una narrazione retorica senza corrispondenza con la realtà dei fatti, mentre la storia costituisca un’indagine dettagliata per conoscere il passato, senza però avere alcun collegamento con il presente. La storia della Shoah sarebbe solo un capitolo del libro.

Noi giustamente parliamo di Giorno della Memoria perché abbiamo bisogno anche di una dimensione intima ed emotiva affinchè basandosi sulla storia diventi una narrazione condivisa e rappresenti un vero argine all’orrore.
La memoria porta giudizi, valori e ci guida nel presente, la storia non evoca eroi o miti, ma ci riporta a persone che in specifiche circostanze hanno provato a fare la cosa giusta.
Nella loro umanità sono più vicine a noi e maggiormente accessibili anche alla memoria.
La memoria, inoltre, ha il bisogno di articolarsi con i linguaggi dei media, per questo la memoria dell’Olocausto può essere resa più comprensibile con riferimenti alle, seppur diverse, ma ugualmente atroci violazioni dei diritti umani che si verificano nel mondo attuale.

Quell’idea di superiorità razziale, quell’odio, quel nazionalismo estremo che condussero al genocidio di un intero popolo, che costruirono l’orrore dei campi di concentramento, sono ancora vivi, anche se si ripetono in modo diverse. Se riusciremo a comprendere che, seppur non presentandosi con uguali modalità, quell’intreccio di contingenze che ha generato l’Olocausto nel cuore dell’Europa pochi decenni fa è ancora attivo ed operante, l’affermazione di Primo Levi <<meditate che questo è stato>>, ci suonerà viva e necessaria e ci accompagnerà ogni giorno, perché solo la consapevolezza del passato potrà sconfiggere alla radice la possibilità che si ripetano in futuro eventi storici così drammatici e dolorosi.

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