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Food & wine

L’uomo è ciò che butta: revisione allo spreco alimentare

Il 5 febbraio si è celebrata la Giornata Nazionale contro lo spreco alimentare, iniziativa per la prevenzione e contrasto di sperpero del cibo. È stata istituita nel 2014 dal Ministero dell’Ambiente, in collaborazione con la campagna Spreco Zero e l’Università di Bologna.

Nelle cucine del mondo occidentale, si concentra la più ampia fetta di alimenti che finiscono direttamente dal carrello alla spazzatura. Questa tendenza è figlia di una società del benessere, dove una corretta alimentazione e la conseguente ottimizzazione del cibo viene spesso snobbata.  Tuttavia, lo spreco alimentare colpisce su più fronti la catena agroalimentare: dagli sprechi dei produttori agli sprechi inquinanti del packaging, dalla mancata tradizione culinaria del riuso all’erronea modalità di acquisto del singolo cittadino.

Lo spreco mondiale annuo è di 1,3 miliardi di tonnellate, mentre quasi un miliardo di persone non ha cibo a sufficienza per sopravvivere. In Europa si sprecano in media 180 kg di cibo pro-capite all’anno, l’Italia conta una media di 150 kg annui pro-capite. I prodotti maggiormente cestinati sono ortaggi e frutta al primo posto, seguono pane, pasta, latticini e carni.

Il 2018 ha mostrato però un cambio di rotta per tale tendenza: 8 italiani su 10 sentendosi in colpa per il cibo sperperato, sta attuando un nuovo stile di vita. Gli accorgimenti sono pochi e semplici, sufficienti però a creare il miglioramento:

– spese più piccole, comprando il necessario per 2/3 giorni;

– prediligere prodotti stagionali possibilmente a km0;

– imparare l’arte della cucina del recupero;

– saper organizzare adeguatamente il cibo, per ottenere una conservazione più duratura;

– richiedere la doggy bag o la family bag al ristorante;

– prestare attenzione alla data di scadenza e al packaging (ricordare la differenza sostanziale tra “consumarsi entro” e “consumarsi preferibilmente entro”)

Si ricordi inoltre che il cibo sprecato oltre che essere una perdita economica per il singolo, è dannosa per l’ambiente: dallo sfruttamento delle terre coltivate all’inquinamento delle fabbriche multinazionali di agroalimenti, passando per l’eccessivo utilizzo di plastiche per il confezionamento del cibo.

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