Smart, socievoli e iperconnessi. Ai millennialvengono affibbiate tante etichette, ma si conosce poco delle loro abitudini e dei loro valori. L’associazione Civita, che raccoglie imprese ed enti di ricerca che operano nel campo della promozione culturale, si è chiesta cosa rappresenti la cultura per i giovani. Lo ha domandato a 1.000 ragazzi della generazione Y (18-32 anni) e Z (15-17 anni) e ha prodotto una ricerca pubblicata in aprile. Nessuna avversione, rifiuto o disinteresse: per la maggioranza degli intervistati la cultura fa parte della propria sfera di esperienza e la ritiene vicina al proprio mondo, sia come bagaglio di conoscenze sia in prospettiva aspirazionale, cioè come leva per la crescita individuale.
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L’idea di cultura che emerge dallo studio appare polarizzata su elementi tradizionali. Il campione, chiamato a scegliere tra alcuni concetti, la lega al sapere, alla conoscenza, ai monumenti e ai musei, con un richiamo – tra i più giovani – alla dimensione della scopertae dell’esplorazione, anche in chiave ludica. Si guarda alla cultura come a un patrimonio che le vecchie generazioni hanno costruito e lasciato in eredità alle nuove. Per il 63% degli interpellati l’idea di cultura è la stessa dei genitori. La fruizione culturale (cinema, teatro, musei, concerti, lettura) è ritenuta gratificantedalla metà del campione, ma è vista anche come qualcosa di socialmente desiderabile. Il 33% dei ragazzi la vede come strumento sia per arricchire la propria personalitàsia per incrementare la reputazione sociale e per crescere professionalmente.
Per quanto riguarda l’offerta culturale del luogo in cui si vive, il livello di soddisfazione è limitato:solo 4 giovani su 10 dichiarano di apprezzare quanto proposto della propria cittàe la metà non ne fruisce appieno sia per la scarsa conoscenza che per disinteresse. Il sistema culturale locale e le sue istituzioni sembrano far fatica a intercettare e coinvolgere le nuove generazioni. La formazione culturaledei giovani spetta, secondo il 52%, alla scuola e all’università, seguite dalla famiglia (22%), dagli amici (21%) e dalle istituzioni (5%) che occupano il ruolo più marginale.
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Nell’epoca dello sharing, web e social network sono le fonti principali per accedere a contenuti di natura culturale. Li utilizzano 6 intervistati su 10. I consumi culturaliprediligono la dimensione spettacolare e d’intrattenimento: dominano incontrastati film e web series. La generazione Z va poco a teatro, mentre concepisce la musica come momento di condivisionecon gli amici attraverso gruppi e communities (al contrario della generazione Y che preferisce un consumo individuale) e ascolta generi commerciali. Spotify e Youtube sono i canali più diffusi per ascoltare la musica, mentre Netflix è la piattaforma preferita per film e serie. La tv occupa un posto marginale e il cinema non ha grande seguito. I consumi culturalisarebbero ostacolati in particolare dai costi, ma anche dall’offerta scarsa o inadeguata. Proprio il desiderio di una maggiore accessibilità porta i ragazzi ad apprezzare le aperture gratuite di siti e musei o gli abbonamenti scontati.
Andando a sondare il terreno delle attività creative, si nota che la quota che le svolge abitualmente è abbastanza ridotta (compresa tra 1/7 e 1/3). Più impegnata la generazione Z, che si dedica in particolare alla fotografia, agli audiovisivie alla danza. Anche in questo caso l’impedimento più grande è rappresentato dal costo (56%), seguito dalla carenza di luoghi e strumenti idonei, dall’assenza di persone con cui condividere e co-produrre e dalla mancanza di un adeguato supporto informativo e tecnico/pratico. Strutture dedicate, laboratori pratici, tutorial e corsi sono ritenuti strumenti efficaci per realizzare i propri progetti. Il web rappresenta la fonte d’ispirazione e di supporto irrinunciabile per ogni produzione creativa. Lo strumento più usato per la condivisione dei prodotti creativi è Instagram, seguito da Facebook e Whatsapp.
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