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Coronavirus: istruzioni per il buon uso del tempo

Coronavirus. Quando il problema era confinato in una terra che ci sembrava lontanissima ci si preoccupava poco. Si leggevano notizie di uomini e donne morti di polmoniti fulminanti negli ospedali della Cina e per quello che comunemente chiamiamo senso civico si accennava una smorfia di tristezza, un “mi dispiace” e poi via e si passava alla pagina successiva del giornale, rigorosamente online.
di Grazia Rosato

Il coronavirus arriva in Italia. Turisti cinesi ricoverati. Un venerdì mattina, a Codogno, i primi sei casi che, entro sera erano diventati decine. Ci si inizia a preoccupare, si prendono delle misure di sicurezza. Le scuole chiudono e gli studenti fanno festa: “Siamo giovani, è solo un’influenza, lo dicono anche alla tv.”

La “normale influenza” peggiora e noi in casa.

Se non arriva prima la preoccupazione per i nostri cari malati, arriva la noia. L’idea di studiare non ci sfiora neanche all’inizio. Cosa si fa allora? Si assiste alle lezioni online al mattino; con ipocrisia ci lamentiamo di dover stare al computer quattro ore di fila, anche se ne spendiamo il doppio a riempirci la testa di film che valgono zero.

Prevedibilmente ci stancheremo anche di quelli. Eccoci di nuovo al punto di partenza.

Ma qualcosa scatta nella nostra testa. Fare. Per anni abbiamo fatto scorrere sotto i nostri occhi di tutto: immagini, commenti, messaggi, film e con un po’ di fortuna anche qualche riga di un libro.

Decidiamo di produrre qualcosa di nostro; probabilmente sarà scadente, ma ci accontentiamo. Allora forse la noia ha portato a qualcosa: da quando non avevamo così tanto tempo da non poterne più del nostro apparentemente indispensabile smartphone, da annoiarci e voler creare qualcosa di nostro?

Ecco, il buon uso del tempo, è qualcosa che questa esperienza ci sta insegnando. L’idea di disporre di giornate senza più i molti impegni che le scandivano -lezione, poi musica, poi ginnastica, poi…- è qualcosa che non ci apparteneva. La trappola è quella di trasformare quel tempo in niente, di sciuparlo in attività senza senso, e questo va assolutamente evitato. Ma se durante la quarantena gli annoiati credono di essere capitati nel girone peggiore si sbagliano.

Ci sono i malati e le famiglie dei malati. Affidano i loro cari ai medici senza poterli assistere in prima persona e – nel caso non ce la facciano – si continueranno a chiedere se avrebbero potuto fare di più. Adesso la noia non sembra più così male, no?

Gli appelli a stare a casa aumentano ogni giorno. La mia piccola città è vuota, ma le metropoli no.

Cosa dobbiamo fare per far capire a tutti la gravità della situazione? Credo che quando qualcosa di brutto ci sia molto vicino come ora, lo cancelliamo, pensando che non ci possa capitare anche se, razionalmente, potrebbe eccome. Ho pensato che la tattica di eliminare la possibilità che ci possa capitare qualcosa di brutto sia dovuta al nostro sproporzionato egocentrismo, che altera la percezione della realtà e, ci pone come protagonisti di una storia che non vogliamo finisca male.

È opportuno ridimensionare la realtà, maturare, mettere da parte l’egoismo ed essere responsabili: #iorestoacasa

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