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Attualità

Credere o non credere al tempo del coronavirus

Scoperte sensazionali o notizie allarmanti. Il bisogno di condividere tra paura e verità di cui sappiamo poco. E la tempestività della comunicazione sui social network e le chat diventa terreno fertile per le fake news.

La dilagante produzione di notizie false in momenti di incertezza al tempo del Coronavirus, sta diventando un fenomeno incontrollabile. Messaggi inoltrati su WhatsApp, foto, articoli, affermazioni di politici o sedicenti esperti stanno disorientando il popolo degli utenti anche per i più attenti. Dove emergono i sentimenti della paura ma anche la scoperta della verità. Una condivisione inconsapevole senza ricercarne la fonte che può ‘colpire’ chiunque. “Una fake news non è mai banale spiega Roberto Nicoletti, professore di psicologia cognitiva Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Bologna – può essere sensazionale, rilevante. Chi la riceve ha la percezione di essere entrato in contatto con qualcosa che pochi sanno e scatta il desiderio di condividerla. Se la notizia riguarda ad esempio un modo per curarsi o non farsi contagiare dal nuovo virus si sente il bisogno di dirlo ad amici e parenti. Se la notizia è negativa e sensazionale allora si condivide come dimostrazione che si ha accesso a fonti che gli altri non conoscono”. La tempestività di comunicazione su cui si fondano i social network e le chat sono terreno fertile per le fake news. 

Ma quali sono le notizie Fake condivise a cui non credere? 

“Sono stati trovati dei farmaci «miracolosi» che possono debellare il virus”. Niente di vero, purtroppo. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha prontamente affermato che, ad oggi, non esistono studi clinici relativi all’efficacia e alla sicurezza di farmaci come apparso su alcuni media nel trattamento di Covid-19. 

“Consumare bevande calde come minestre, tisane, thè, camomille permette di far morire Il virus.” Notizia prontamente smentita da Sally Bloomsfield, virologa inglese, che afferma invece che il virus muore ad una temperatura vicina ai 60 gradi e un bagno caldo, dei gargarismi o una minestra non bastano..“ Altra bufala da smentire è quella che le arance possono essere il rimedio contro il contagio. E’ vero che la vitamina C contenente negli agrumi fa bene al nostro organismo ma non ci sono prove che possa fermare il Coronavirus. O infine “le scarpe portate in casa possono far sopravvivere il virus che sull’asfalto vive per 9 giorni“. Smentito.

“Il Coronavirus può sopravvivere su superfici metalliche e sugli abiti per alcune ore ma non giorni – come ha affermato Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano“. I social media sono impegnate per fermare la disinformazione come Facebook che ha fatto sapere che cancellerà del tutto notizie non verificate. Ma se nei media si possono monitorare le fake notizie nulla si può fare per Whatsapp, dove messaggi vocali girano senza alcun controllo e alimentano il panico. Secondo uno studio americano la natura di queste piattaforme devia la nostra attenzione dalla veridicità e l’accuratezza della notizia. “Assumere un atteggiamento critico e scettico nei confronti di un qualsiasi contenuto della comunicazione – spiega Nicoletti – sarebbe l’atteggiamento più corretto da seguire. Ma bisogna fare delle ricerche e delle verifiche oltre che mettersi in discussione nei confronti di un tema. E allora è più semplice crederci e basta. Oggi la battaglia contro le fake news sul Coronavirus è ancora più dura. Tutti vogliono affermare verità ma la verità definitiva non si conosce perché siamo di fronte a un fenomeno nuovo che anche gli scienziati conoscono poco. E non c’è terreno più fertile per la proliferazione delle fake”.

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