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Musica

FRANK ZAPPA CONTRO TUTTI

Se fosse vivo oggi, che musica suonerebbe il compositore italo-americano? E soprattutto chi sarebbero i suoi nuovi bersagli?

Se il mondo fosse impazzito, probabilmente anche Frank Zappa avrebbe ricevuto un premio Nobel. Non essendo mai state inserite la musica e le arti, magari avrebbe ricevuto quello per la pace, se non altro per il contributo, non involontario e non banale, che egli diede alla fine della guerra fredda, come primo artista occidentale a esibirsi in quella che fu la Cecoslovacchia e stabilendo una serie di colloqui con l’allora presidente e drammaturgo Vaclav Havel. Magari ora sarebbe in prima linea a parlare sia con Putin sia con Zelensky senza il favore di telecamere e di uno studio professionale portatile. Frank Zappa, poiché personaggio politically uncorrect per eccellenza, non avrebbe vie di mezzo per definire l’infame e vergognosa logica della guerra e della corruzione che la genera, e non avrebbe avuto remore ad accusare tutti; come ha sempre fatto. Ma questo avverrebbe se fossimo impazziti: siccome siamo lucidi possiamo solo accettare la realtà; quella che vorrebbe al giorno d’oggi, uno come Frank Zappa nemico del mondo e pericoloso sovversivo.

Anche l’Italia di cui Zappa possedeva le origini, come vedrebbe uno che, all’epoca dei figli dei fiori attaccava e sfotteva proprio gli hippies e chi fumava marjiuana, che in Bobby Brown goes down ironizzava anche sul fanatismo del mondo omosessuale, come futuro American Dream. Come fu per Pasolini, molte delle teorie di Zappa hanno poi preso piede, in un’America sempre più liberale all’esterno e conservatrice all’interno, dove le contraddizioni sempre più palpabili mettevano in scena l’incessante teatrino della democrazia a forza di bombe e colonialismo culturale.

Frank Zappa conosceva bene il suo mondo e anche quello che percepiva alieno: vive il tradizionalismo cattolico, ma subisce anche il meltin pot forzato tra “nativi”, afro-americani e cultura Wasp; si avvicina alla batteria suonando il jazz e lo swing in orchestra, per poi diventare un compositore chitarrista, in grado di abbracciare tutti i linguaggi della musica contemporanea; diventa pioniere del virtuosismo, pur essendo sempre legato a Ionisation di Edgar Varèse e L’uccello di fuoco di Stravinsky.

Come farebbero, ora che la cancel culture si sta impossessando anche dei monumenti della cultura russa da Tolstoj a Prokof’ev, a dire al musicista di Baltimora che il ministero della cultura ucraina ha bandito Il Lago dei cigni di Tchaikovsky dalle proprie orchestre nazionali?

È molto probabile che un visionario come Zappa in questo mondo avrebbe delle serie difficoltà a tenere i nervi saldi, come molti addetti all’arte e alla cultura che, a causa della guerra ma anche della disinformazione generale, stanno vedendo colpiti i valori e le opere di una tradizione millenaria che appartiene a tutta l’Europa.

Frank Zappa è fortunato: perché non deve assistere alla colonizzazione volontaria di un “impero” da parte degli stessi colonizzati; la metafora ovviamente non ha valore nel senso imperiale del termine, ma per intendere l’intera Europa come impero della cultura e dell’arte occidentale.

Tutta la tracotanza imperialistico-progressita dell’occidente contemporaneo avrebbe delle serie ripercussioni da personaggi senza regole come il nostro Frank, come del resto fu negli anni ’70, quando David Bowie, i Queen, John Lennon, il nostro Renato Zero, Franco Battiato, gli Area e tanti ancora non aveva bisogno di travestirsi da icone della provocazione, perché erano loro stessi la scossa al sistema.

Tra i 69 album della carriera di Zappa ce n’è uno in particolare, Sheik Yerbouti del 1979, in cui la stessa lotta alla provocazione fa da eco alla fine della stagione delle ideologie.  Allora ecco che un Bon Dylan un po’ annebbiato che si lamenta per il costo del suo idraulico diventa la parodia sublime in Flakes, come risposta alla richiesta dello stesso Dylan di produrre il suo nuovo album dell’epoca. Pensando a quanto il menestrello del folk americano sia ancora una sorta di sacrario intoccabile, è possibile immaginare allora cosa poté suscitare la canzone a quell’epoca!

Lo stesso titolo è un gioco di parole e significato tra la pronuncia di “Shake your booty” (scuoti il culo) e il nome di un fantomatico Sceicco Yerbouti.  I’ve Been In You prende in giro con una melensa I’m In You di Peter Frampton, con qualche riferimento sessuale esplicito.

Addirittura in Jewish Princess, Zappa si permette anche di prendersi gioco anche delle contraddizioni in seno alla cultura ebraica.

Se è possibile pensare in termini trasversali ai vari tabu della società, della politica, della religione e della cultura è proprio grazie ad artisti come Zappa i quali, in tempi in cui la censura era vera e anche pericolosa, sfidarono le convenzioni, con consapevolezza e determinazione, secondo un principio di fondo: fare satira è un modo per mettere in ridicolo il potere, ma anche mettere in luce la debolezza di ogni forma di prevaricazione.

Zappa si troverebbe solo contro di tutti, con la determinazione di chi porta avanti il suo percorso interiore senza la necessaria consacrazione del marketing sociale della provocazione: un po’ come il ballerino di Dancin’ Fool, con una gamba più lunga dell’altra, due piedi enormi, e l’assenza assoluta di senso del ritmo, egli non desiste dall’andare a ballare ogni sera attuando il suo “social suicide”, in una società allargata dove la “provocazione conformista” è diventata la prima forma di religione.

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