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Musica

LA STORIA DELL’HARLEM CULTURAL FESTIVAL, QUANDO L’ESTATE DEL ’69 NON FU SOLO A WOODSTOCK

In arrivo il documentario Summer of Soul, che racconta lo straordinario Harlem Cultural Festival del 1969.

C’era una volta l’estate del 1969, meglio nota come Summer of love. La storica stagione che segna l’invasione colorata dei figli dei fiori, del primo uomo sulla luna, per poi concludersi tragicamente con la strage di Bel Air ad opera della “famiglia” Manson. Quell’estate segnò il punto di svolta fra esigenze di riscatto e crisi dell’innocenza e il baluardo di tutto quel periodo era e resterà per sempre il Festival di Woodstock.

La più grande festa della musica di tutti i tempi, con più di 400.000 persone raggruppate lungo le campagne intorno a Bethel fu il primo mega-raduno a lasciare un impatto indelebile, sia per la lunga maratona di artisti che si esibirono, sia per le contestazioni e le contraddizioni che smitizzarono subito il messaggio di pace, amore e musica. Ciononostante, in quella lunga e calda estate vi fu un’altra grande manifestazione altrettanto rilevante, che però non ebbe mai la stessa eco socioculturale e ideologica del primo; si tratta dell’Harlem Cultural Festival.

Sei giorni di concerti gratuiti nella splendida cornice del Mount Morris Park, con una presenza di oltre 300mila persone, per l’evento realizzato dal cantante e musicista Tony Lawrence, grazie al contributo della divisione Parks, Recreation, and Cultural Affairs della città di New York e del caffè Maxwell House.

Importante fu l’impegno del sindaco repubblicano John Lindsay, che era molto sensibile alla questione afroamericana, tanto da passare anni dopo con il Partito Democratico.

Tutto quello che avvenne a Harlem rivive nel documentario “Summer of Soul”,

che raccoglie e sintetizza il materiale filmato dal produttore Hal Tulchin, il quale tentò di realizzarne un lungometraggio, ma non riuscì mai nell’impresa, fino a quando il regista ed ex batterista dei Roots, Ahmir Questlove Thompson decise di mettere mano al materiale, per dirigere questo importante documentario che sta per approdare sulle piattaforme Hulu e Disney +.

Le lotte civili e i grandi avvenimenti dominano trasversalmente entrambi i festival: la guerra del Vietnam, gli assassini di Kennedy, Martin Luther King e Malcolm X, ma la forza trascinante del raduno di Harlem si carica di una critica sociale identitaria, perché prende i connotati della questione razziale, ma raggiunge i cuori, i sensi e le articolazioni, grazie a una forza capace di coinvolgere tutti in un’indistinta estasi primitiva, tra ritmo e vitalità.

La dimensione rituale, tra suoni, colori e vibrazioni assume una funzione spirituale al limite del parossismo, ma il tutto riveste una funzione catartica e provocante, perché l’artista sul palco è in grado di stabilire un legame unico e indissolubile con il pubblico. Ne è un esempio il giovane Stevie Wonder, straordinario e incandescente menestrello soul che si lascia andare persino a un lungo solo di batteria, ma anche Sly and The Family Stone, che replicherà la performance proprio a Woodstock.

Sul palco si alternano Mahalia Jackson accompagnata da una altra giovane rivelazione, Mavis degli Staple Singers, una superba e magnetica Nina Simone, B.B. King, The 5th Dimension, e diverse realtà jazzistiche e gospel, come Abbey Lincoln & Max Roach o Sonny Sharrock e persino attori e personaggi di spettacolo, da Moms Mabley al ventriloquo Willie Tyler.

Se i posteri avessero avuto un’attenzione più culturale e meno ideologica alla questione afroamericana, oggi la storia dell’Harlem Cultural Festival avrebbe la rilevanza che merita, non solo per la rivoluzione musicale che avrebbe consegnato ai linguaggi musicali di fine millennio, ma anche perché oggi rappresenterebbe uno schiaffo morale a quella tendenza del politicamente corretto, incapace di ricercare le base della sua ragione in  un passato che non sia fortemente condizionato dalla necessità di invidia sociale, senza capire che le basi di una cultura tanto forte e radicata nel sociale, ebbe nella musica e nella provocazione sottile il manifesto di una nuova era mancata.

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