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IL FENOMENO SQUID GAME: LA SERIE NETFLIX TRA SUCCESSO E PREOCCUPAZIONE

Il cosiddetto “Fenomeno Squid Game” è legato ad una serie televisiva coreana in onda su Netflix dal 17 settembre, che ha letteralmente invaso pagine web e le case dell’Italia e del mondo.

Dapprima semplicemente un nuovo contenuto originale rilasciato da Netflix ha sorpreso anche dirigenti stessi della piattaforma per il successo ottenuto in pochissimo tempo: 132milioni di spettatori in 25 giorni, prima posizione in classifica persa solo negli ultimi giorni, a più di un mese dalla sua uscita.

La serie, chiamata appunto Squid Game, “Gioco del Calamaro”, presenta un contenuto fortemente violento, vietata ai minori di 14 anni, è invece seguita e apprezzata da molti bambini.

Ma come gestiscono emotivamente queste immagini i più giovani? In realtà si tratta di contenuti difficili da metabolizzare anche per molti adulti, che hanno sicuramente più risorse per gestirli. Il rischio è la normalizzazione, per accettare una tale aggressività bisogna diventarne immuni, accettando in questo modo la violenza come un fenomeno normale di risoluzione dei problemi o ancor di più come un gioco.

È questo ciò che avviene man mano con il susseguirsi delle puntate: dallo stupore e orrore iniziale, quando perdere al gioco “Un, due, tre, stella” costa una morte violenta a centinaia di persone, all’assistere con indifferenza e normalizzandola, alla morte ancora più terribile di chi salta sulla lastra di vetro sbagliata.

Altro tema affrontato è quello della disparità tra ricchi e poveri. I poveri, individui particolarmente disagiati che accettano il rischio di morire pur di guadagnare una somma di denaro da capogiro, e i ricchi, nascosti dietro a delle maschere a godersi lo spettacolo. Un tema sempre attuale, quello dei potenti, la cui vita è considerata di maggior valore di quella dei più sfortunati.

Il fenomeno e il seguito senza precedenti dimostrano come la violenza e l’aggressività attirino il pubblico, specialmente quello più giovane, ormai abituato a immagini e contenuti violenti, sempre disponibili a tutti. Già per film e serie televisive come Gomorra o Suburra c’era stata molta preoccupazione rispetto alla possibilità che venissero imitate, tramite l’avvicinamento da parte dei giovani a realtà criminali, e l’ammirazione per chi raggiunge potere e ricchezza tramite sparatorie e violenza.

(da: pixabay.com)

Sono tutti contenuti sconsigliati o vietati ad un pubblico giovane, e quindi ci si chiede se sia giusto che dei bambini ne siano così liberamente esposti.

Ivano Zoppi, segretario generale della Fondazione Carolina, l’associazione dedicata a Carolina Picchio, la prima vittima di cyberbullismo morta suicida a 14 anni, afferma che dall’esordio della serie sono giunte all’associazione moltissime segnalazioni da genitori e maestri preoccupati per il comportamento dei bambini rispetto a comportamenti emulativi da parte dei più piccoli, che imitano i giochi praticati nella serie, facilmente replicabili perché giochi da bambini, punendo i perdenti con calci, pugni e umiliazioni.

(da: pixabay.com)

In concomitanza con queste segnalazioni, genitori e insegnanti hanno richiesto tramite una petizione che la serie venisse censurata.

Ma viene da chiedersi se il vero problema sia Squid Game, o se si tratti di un ulteriore campanello d’allarme che porta sempre più in superficie le difficoltà educative dei genitori di fronte ad una realtà virtuale sempre più pregnante, vasta e pericolosa, a cui tutti sin da molto piccoli, hanno libero accesso. E allora non si tratta solo di Squid Game, ma anche dei videogiochi violenti, così come dei contenuti più cliccati sui social network, spesso visitati di notte appena i genitori vanno a letto, o addirittura in loro presenza come pratica consueta, a comportare un rischio emotivo e comportamentale per i più piccoli, ma anche per gli adulti, soprattutto i più fragili.

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