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Musica

L’integrazione sensoriale, nella mente di un musicista

Uno studio rivela come la conoscenza musicale sia in grado di creare un processo d’integrazione fra aree sensoriali uditive e motorie

La musica, come abbiamo imparato a conoscerla, è una forma d’arte che unisce logica, intuizione e sensibilità. Si tratta di una grammatica fatta di ritmo, armonia, melodia, note e righe; ma soprattutto un metalinguaggio capace di andare oltre la logica acustica, per abbracciare le più svariate sensazioni dell’essere e dell’esistere.

David Byrne, compositore poliedrico degli anni ’80 e ’90, nel suo volume “Come funziona la musica”, parla della musica come; “elemento che ci rende umani”.

Per quanto valida e condivisibile, tale definizione risulterebbe riduttiva, se si pensa al rapporto fisico/acustico che lega le vibrazioni armoniche alle tante varietà di piante e alberi, capaci, secondo diversi studi, di comprendere e reagire agli stimoli di un particolare brano, sinfonia, aria o semplice suono.

Per ora ci limiteremo alla specie umana.

In questo caso il rapporto fra musica e linguaggio varia a seconda delle caratteristiche di ogni individuo, con una profonda differenzia fra chi fa musica e chi la ascolta.

È chiaro che la lettura di uno spartito determinerà, in chi ha una formazione accademica, una varietà di stimoli molto diversa rispetto a chi (musicista o musicofilo) non ha mai affrontato lo studio della grammatica musicale.

Un po’ come i seguaci di Pitagora, chiamati “acusmatici”, poiché erano soliti ascoltare, non il filosofo, ma la sua voce dietro una tenda, la maggior parte degli esseri umani reagisce agli stimoli musicali, senza avere davanti un’immagine comprensibile alle proprie orecchie. Questo “difetto” permette, molto frequentemente, all’individuo di lasciarsi andare, con maggiore spontaneità, alle suggestioni emotive ed evocative di una particolare melodia.

Spesso ne individua altre o associa inevitabilmente il brano a un’immagine, come avviene nel cinema: esistono temi musicali che richiamano istintivamente al film che accompagnano, prima ancora dell’azione scenica.

Spesso ne individua altre o associa inevitabilmente il brano a un’immagine, come avviene nel cinema: esistono temi musicali che richiamano istintivamente al film che accompagnano, prima ancora dell’azione scenica.

Spesso ne individua altre o associa inevitabilmente il brano a un’immagine, come avviene nel cinema: esistono temi musicali che richiamano istintivamente al film che accompagnano, prima ancora dell’azione scenica.

Karlheinz Stockhausen

Nel caso del musicista avviene però un procedimento diverso.

Durante la lettura di uno spartito vengono attivate, nel cervello di chi fa musica, una serie di connessioni molto particolari fra le aree che presiedono all’elaborazione degli stimoli uditivi e motori, prima ancora di quelli visivi.

Tutto questo porta all’elaborazione e interpretazione di quanto sta scritto sul pentagramma e alla sua riproduzione sonora sensoriale prima ancora che pratica.

Giacché una partitura richiede l’interfacciamento simultaneo di competenze visive, uditive e motorie, perché non sottoporre tale particolarità a una vera sperimentazione sul campo?

A supporto di questa tesi, vi è uno studio realizzato lo scorso anno da un gruppo di ricercatori delle Università di Tessalonica in Grecia e Münster in Germania, guidato dal Prof. Christo Pantev.

La ricerca, pubblicata su un articolo dal titolo “Proceedings of the National Academy of Sciences”, ha messo in relazione le aree celebrali di soggetti privi di educazione musicale con quelle dei musicisti, davanti ad uno spartito musicale.

Il Professor Pantev e i suoi colleghi hanno sottoposto un campione di 26 persone, dividendole in due gruppi: una metà costituita da ex-allievi di conservatorio, con una solida formazione alle spalle; l’altra invece da persone con educazione musicale più limitata.

Il gruppo è stato sottoposto a un trattamento di risonanza magnetica funzionale (la FMRI) e magnetoencefalografia (MEG), mentre ascoltava delle note musicali e contemporaneamente leggeva uno spartito.

L’analisi comparata dei dati ottenuti è stata poi decodificata sotto forma di grafici.

I risultati hanno permesso di risalire all’individuazione di un sistema connettivo molto stretto fra le aree cerebrali dei musicisti rimaste attive nei diversi momenti della sperimentazione.

Per stimolare maggiormente le aree sensoriali e ottenere risultati più attendibili, nel corso del test sono state rilevate alcune incongruenze fra stimoli visivi e uditivi, al fine di verificare la reattività dei partecipanti.

Alcune partiture, ad esempio, presentavano il valore di alcune note sopra il rigo che non corrispondevano all’altezza effettiva e altri errori “gravi” di grammatica musicale.

Nella prima foto si comprende come la posizione verticale dei puntini sia congruente con l’altezza delle note ascoltate, mentre non lo è nella seconda.  

È stato dunque rilevato come i musicisti esperti fossero più reattivi nell’individuare con molta le differenze teoriche, con una certa velocità e logica, impegnando le aree celebrali destinate all’elaborazione del segnale uditivo.

Nei musicisti meno esperti invece la rilevazione delle incongruenze restava collegata principalmente all’elaborazione visuale, ma non interagiva simultaneamente con il segnale di percezione uditiva.

Le varie oscillazioni frequenziali nell’attività elettrica della corteccia cerebrale umana riescono a sincronizzarsi con il ritmo e l’armonia, dimostrando il valore dell’elaborazione cognitiva, nello studio della musica.

Questo dato s’incrocia con i dati della ricerca greco-tedesca, la quale evidenzia come la connettività celebrale di una persona subisca una rimodulazione delle funzioni sensoriali, attraverso la formazione dei circuiti celebrali, nel momento in cui il soggetto è sottoposto all’attivazione dell’ambito cognitivo di riferimento; in particolar modo se si tratta di forma d’arte. Il test è riuscito a dimostrare, in buona sostanza, come la formazione musicale possa essere in grado di sviluppare la capacità d’integrazione fra i sensi, modificando le connessioni fra i circuiti cerebrali delle aree sensoriali uditive e motorie, che sono molto diverse tra loro, ma se stimolate nei momenti di maggiore attenzione, possono creare un’inedita e straordinaria interazione sensoriale.

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