Risulta difficile pensare a un bullismo femminile. Ciò è dovuto, probabilmente, all’immagine che si ha comunemente delle donne e più precisamente delle ragazze; più delicate e accoglienti, non avvezze a violenza e aggressività, incapaci di fare del male.
Luoghi comuni che non contemplano la possibilità di un bullismo femminile e che, in un certo senso lo favoriscono, permettendogli di passare in sordina.
In realtà, un atto di bullismo su sei è al femminile; questi sono i numeri stimati da una ricerca eseguita dall’ospedale Fatebenefratelli di Milano, di cui la maggiore percentuale riguarda il cyberbullismo.
Si tratta di un fenomeno più subdolo rispetto a quello maschile. Nella maggior parte delle occasioni, le bulle non si servono di aggressività e forza fisica, ma di strategie per colpire la vittima dal punto di vista emotivo e relazionale. Ciò lo rende molto difficile da riconoscere perché effettivamente meno evidente.
Le caratteristiche di bullo e vittima, però, non sono così diverse. Che si parli di ragazzi o ragazze, si tratta di individui con vissuti di forte fragilità.
C’è chi reagisce scegliendo di affermarsi attraverso comportamenti prevaricatori, cercando una popolarità che altrimenti non sarebbe in grado di mantenere, e c’è chi, in reazione alla propria fragilità, riesce soltanto a chiudersi in se stesso.
Spesso, e molto di più in relazione all’età dell’adolescenza, le vittime di bullismo, soprattutto le ragazze, si trovano in una condizione di insicurezza e sovrappeso.
L’adolescenza è l’età in cui si forma l’immagine che si ha di sé, e il corpo e il peso assumono una grande importanza. È dunque significativo il fatto che con l’aumentare del cyberbullismo tra adolescenti, siano aumentati anche i casi di disturbo del comportamento alimentare, come l’anoressia e la bulimia.
Alcuni episodi di bullismo al femminile, sono diventati piuttosto conosciuti, poiché sono sfociati in vere e proprie tragedie.
Solo poche settimane fa, Alessandro, un ragazzo di 13 anni abitante di Gragnano, in provincia di Napoli, si è tolto la vita lanciandosi dal quarto piano e facendo un volo di 15 metri.
Negli ultimi mesi della sua esistenza, Alessandro ha vissuto un vero e proprio incubo digitale.
Sì, perché dopo aver lasciato la sua fidanzatina, è stato oggetto di una vera e propria persecuzione sui social. L’ex fidanzata, non accettando il rifiuto, si è fatta leader di un gruppo di veri e propri bulli, che con frasi e minacce, hanno reso la vita di Alessandro insopportabile, al punto da spingerlo a compiere un gesto tanto tragico.
Frasi come “Ucciditi”, “Buttati giù” sono penetrate a tal punto nella mente e nel sentire di Alessandro, da portarlo alla morte, arrivando a fargli credere che quelle parole andassero ascoltate, seguite, che fosse l’unico modo per liberarsi della voce dei suoi istigatori.
Bullismo, quindi, e istigazione al suicidio. Si tratta di due reati molto gravi, ancor di più se si pensa che a macchiarsi di tali colpe sono stati degli adolescenti, alcuni dei quali minorenni.
In questo caso, come in molti altri che scaturiscano o meno in una tragedia di questo tipo, lo scopo di chi compie atti violenti e subdoli è rendere oggetto dei propri bisogni un’altra persona; ma quando questi desideri non vengono soddisfatti, si sente la necessità di vendicare il proprio orgoglio ferito, godendo della sofferenza dell’altro, portandolo allo strenuo, fino a farlo stancare della vita, fino alla morte, proprio come nel caso di Alessandro.