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Viaggi

I viaggi dell’anima tra i tamburi e i canti degli sciamani

L’emergenza sanitaria che accompagna ormai il nostro tempo, propone delle riflessioni che allarghino il campo del pensiero cercando delle soluzioni differenti affinchè l’essere umano si spinga a vivere la propria quotidianità alternativamente.

Se non è possibile spostarsi fisicamente dalle nostre case, a causa dei lockdown, alcune pratiche esistenti, ma magari ancora sconosciute, ci consentono di viaggiare con l’anima. Pare proprio che sia arrivato il momento di sperimentare nuovi modi di approcciare con l’esterno: lo sciamanismo ne è un esempio. Il viaggio sciamanico permette, attraverso l’ascolto del suono del tamburo o del sonaglio, anche in forma di tracce audio facilmente reperibili, di partire con lo spirito verso altri mondi: quello di sopra, del cielo, quello di sotto o sottosuolo e infine quello di mezzo, la nostra realtà. Infatti il suono ripetuto di questi strumenti, impostati su una determinata frequenza, riesce a condurre l’uomo ad uno stato di coscienza tale da spingerlo a realizzare visioni inaspettate; ogni luogo che si andrà a conoscere sarà essenziale per un determinato tipo di ricerca interiore.

Si potrà entrare in contatto con gli spiriti della natura, degli antenati, proseguendo oltre il mondo fisico fino a raggiungere quello sottile. D’altra parte, il viaggio sciamanico è una tecnica derivante dalla rielaborazione delle antiche usanze dei popoli tribali e pone le sue radici nell’animismo, termine che venne utilizzato da Tylor nel suo testo “Primitive culture” del 1934 per descrivere l’attitudine di quelle popolazioni a considerare le cose naturali in quanto pervase da forze viventi. 

Attraverso questa esperienza spirituale ci si potrà sentire albero, roccia, fiume, entrare nella materia e sentirla viva; questo è un altro punto fondamentale che sottolinea l’importanza del viaggio sciamanico in una società come la nostra che ha bisogno più che mai di rispettare la natura per potersi evolvere nel modo più opportuno. 

Il concetto fondamentale è che non si può arrivare a conoscere ciò che ci circonda esclusivamente da una prospettiva nozionistica o psicologica ma che si riserva, tramite lo sciamanesimo, un’altra possibilità di imparare, entrando in contatto con l’essenza che domina un determinato elemento.

Per non perdersi in questo lungo percorso sarò importante scoprire il proprio animale guida, con cui si entrerà in contatto durante le prime pratiche, le quali è fondamentale che siano avviate dalle capacità di un maestro. 

Il maestro che conduce alla scoperta di mondi nascosti

Sicuramente l’argomento è ben spiegato da Marco Massignan (Milano, 1969) reputato uno dei più affermati studiosi italiani di culture tribali e sciamanismo. «L’etimologia della parola sciamanismo proviene dalla Siberia, attraverso la definizione che davano i popoli dei Tungusi dei loro uomini guida – spiega Massignan – ma venne utilizzata dagli antropologi per identificare tutte quelle pratiche che nelle varie tribù del mondo svolgono un ruolo simile.»

Laureatosi in lingue e letterature straniere con una tesi sulla Danza del Sole dei Lakota, uno dei principali popoli nativi americani, si definì il suo destino. Questa tesi diventò il primo volume di una collana che diresse per otto anni, intitolata “Uomini rossi”; in seguito fondò nel 2004 con sua moglie Elena Dell’Orto un istituto di arte sciamanica e sistemica, “Nemeton”, creando il metodo delle Costellazioni rituali. Oltre ad aver tradotto vari libri sugli indigeni originari e aver scritto di suo pugno una quindicina di testi sulla tradizione celtica, sulle rune, sull’ayurveda e per l’appunto sullo Sciamanismo, ruotando intorno alla spiritualità dei nativi dell’America settentrionale, si è anche interessato a temi più contemporanei che si rendono evidenti nel suo libro più recente “Psicovirus. Dal trauma da COVID19 al Risveglio interiore”.

Il suo percorso nel campo antropologico iniziò nel ’97 quando invitò in Italia un gruppo di danzatori Blackfoot dal Canada e un medicine man dal New Mexico; proseguì con i nativi fino al 2005; Marco Massignan è stato loro interprete, assistente, organizzatore facendo pratica in quell’attività che ora porta avanti e svolge come formatore.

«Il viaggio sciamanico non rientra né nell’ambito della psicologia né in quello della psicanalisi, né nella medica ma fa parte delle tecniche energetiche. Tramite esso possiamo purificarci e liberarci da residui energetici, riequilibrandoci. Tutti noi secondo la tradizione sciamanica abbiamo frammenti della nostra energia che sono fuori dal nostro controllo e che sono rimasti incastrati a causa di squilibri subiti – rivela Massignan – Tutti noi abbiamo subito un trauma, basti pensare alla nascita, con il parto: da traumi d’impatto come un incidente stradale, un’aggressione, a traumi di bassa intensità ma reiterati nel tempo, per esempio lo stress quotidiano. Con questo viaggio è possibile recuperare parte della nostra energia, i frammenti animici, così da rintegrarli nel nostro corpo nel qui ed ora.»

(Per info: www.marcomassignan.org

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